Pubblicato il: 01 07 2021
  • smart working
  • sicurezza informatica
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Sempre più spesso lavoratori dipendenti e collaboratori chiedono di poter utilizzare i propri dispositivi personali (PC, tablet, smartphone, ecc.) per svolgere i propri compiti lavorativi. Altre volte è il datore di lavoro stesso a richiedere al dipendente tale utilizzo, ad esempio in casi di necessità o emergenza, come nel caso dell'organizzazione dello smart working in occasione dell'emergenza sanitaria da Covid-19.

Entrambe le situazioni sono certamente legittime, e consentono una maggiore efficienza sul lavoro e una maggiore flessibilità, ma espongono l'azienda e il dipendenti a una serie di rischi che nessuno dei due può permettersi di ignorare. Ad esempio il dispositivo personale, per sua natura utilizzato anche per attività non lavorative, potrebbe essere veicolo di infiltrazioni da parte di malintenzionati tramite malware, trojan o ransomware, mettendo quindi in pericolo la rete aziendale.

Il dipendente potrebbe invece vedere violati il proprio diritto alla privacy: l'utilizzo a scopo lavorativo potrebbe, infatti, potenzialmente concedere l'accesso a tutti i dati presenti sul dispositivo, realizzando quindi un illecito.

Quindi, per quanto tali soluzioni siano lecite da un punto di vista legale, è compito delle aziende regolamentare con attenzione l'utilizzo dei device personali (BYOD - Bring Your Own Device) per le attività lavorative. Per maggiori informazioni rivolgiti al tuo consulente privacy o contattaci per verificare la tua situazione.